La Sindrome di Stendhal è la più nota e più citata, ma non l’unica: nei racconti sembrano aneddoti, ma sono problematiche reali, quindi, se state partendo per il viaggio dei vostri sogni, per una meravigliosa città d’arte o una meta ricca di significato e mistero, attenzione alle sindromi del viaggiatore.
Sindrome di Stendhal (o di Firenze)
Prende il nome dallo scrittore che ne fu colpito mentre visitava la Basilica di Santa Croce a Firenze e provoca vertigini, tachicardia, disorientamento e, talvolta, allucinazioni nelle persone più sensibili. Ed è meno raro di quanto si pensi: l’ospedale di Santa Maria Novella, a Firenze, ne gestisce regolarmente diversi casi.
Sindrome di Gerusalemme
Determina in alcuni visitatori della Città Santa un’esaltazione religiosa che può spingersi fino al delirio e all’isteria: curiosamente, la maggioranza delle persone colpite dalla sindrome non è ebrea, musulmana o cattolica, le religioni per cui Gerusalemme è il fulcro della fede, ma protestanti arrivati prevalentemente dagli Stati Uniti. Per fortuna i disturbi cessano quasi immediatamente allontanandosi dalla città.
Sindrome di Parigi
È la sindrome dell’immaginario tradito e fu scoperta a Parigi quando alcuni turisti giapponesi, invece della romantica città popolata di bellissime donne in Chanel e degli uomini affascinanti che si aspettavano, avevano dovuto fare i conti con una realtà fatta di caos metropolitano, scortesia dei camerieri e una popolazione ben meno attraente accusando sbalzi d’umore e fenomeni schizofrenici: tuttora all’ambasciata giapponese di Parigi, che proprio per questo collabora con l’Hôpital Sainte-Anne, arrivano ogni anno diverse richieste d’aiuto.
Sindrome dell’India
Simile alla Sindrome di Gerusalemme, colpisce i viaggiatori occidentali quando si confrontano con la profonda spiritualità del Paese e accusano disturbi psichici, allucinazioni e anche delirio provocati dall’impatto destabilizzante che molti dei rituali religiosi carichi di significato e valore per gli indiani hanno sulle persone di culture diverse. Anche in questo caso, fortunatamente, basta il rientro a casa per far cessare tutti i disturbi.